Juve, brillantezza fisica. È l’ora del decollo

Balla nella memoria una frase celebre che potrebbe tranquillamente aver pronunciato Conte in questi anni. E averla anche trascritta – in stampatello – all’ingresso degli spogliatoi di Vinovo, perché finisca naturalmente impressa nella testa di ciascuno. «Siamo ciò che facciamo ripetutamente. L’eccellenza non è un atto, ma un’abitudine». Il copyright , per la cronaca, è di un noto centravanti della filosofia antica, Aristotele. Davanti a un ciclo balordo, complicato, in crescendo, l’allenatore della Juventus giust’appunto queste risposte attende. Il Verona, poi il Chievo, il Toro, il Galatasaray, infine il Milan. La Juventus parte da una posizione rannicchiata, obbligata alla rincorsa: in campionato come in Champions, per via di due pareggi estremamente diversi tra loro (con Inter e Copenaghen) che hanno da un lato rallentato la marcia scudetto, dall’altro inibito una programmata partenza lampo anche in Europa. Consegnando proprio alla partita in casa con i turchi l’obbligo-necessità di azzeccare innanzi tutto il risultato, prima che la prestazione in sé e per sé.

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